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OCSE-PISA 2015: si riduce il divario tra Italia e Paesi OCSE

I risultati della edizione 2015 di PISA (Programme for International Student Assessment), presentati il 6 dicembre 2016, ci raccontano una sensibile riduzione del divario tra il risultato conseguito e la media dei paesi OCSE. In particolare:

  • gli studenti italiani si sono collocati un po’ sotto la media PISA in scienze (481 punti contro 493) e in lettura (485 contro 493,  ma raggiungono la media in matematica (490), dove si è assistito a un miglioramento;
  • sono state confermate le forti differenze territoriali tra il Nord e il Sud e le Isole;
  • tra le eccellenze emergono in matematica e fisica i maschi piuttosto che le femmine e viceversa le femmine in lettura;
  • vi è un alto numero di studenti italiani con risultati inferiori alla media;
  • gli studenti italiani passano più tempo a scuola e sui libri: 29 ore in classe e 21 per i compiti a casa per un totale di quasi 50 ore a settimana, contro una media Pisa di 44 ore;
  • si registra un notevole assenteismo tra gli studenti italiani.

L’indagine è promossa dall’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) con l’obiettivo di misurare le competenze degli studenti in matematica, scienze, lettura e problem solving collaborativo. Per ogni ciclo di PISA viene approfondito un ambito in particolare. PISA 2015 ha avuto come dominio principale la literacy scientifica, ambito di rilevazione principale per la prima volta nel 2006, per la quale si intende: “il possesso di specifiche conoscenze in ambito scientifico e di specifiche abilità tipiche della conoscenza scientifica, ma anche la capacità di utilizzare in modo funzionale tali conoscenze e tali abilità per affrontare e risolvere problemi con cui abitualmente ci si trova di fronte in contesti di vita reale, quotidiana.”

Ecco i principali risultati, così come sono emersi alla Presentazione dell’Indagine internazionale 2015  OCSE PISA, il 6 dicembre 2016  a Roma.

 

In questo ciclo di rilevazioni l’Italia ha partecipato a queste altre opzioni internazionali:

  1. rilevazione delle competenze in ambito finanziario, o Financial Literacy. I risultati di queste prove verranno rilasciate successivamente. Le prove di Financial Literacy forniscono informazioni su conoscenze e capacità di comprensione di concetti di carattere finanziario e su abilità, motivazione e fiducia nei propri mezzi che consentono di applicare quelle stesse conoscenze per prendere decisioni efficaci in diversi contesti di carattere finanziario, per migliorare il benessere finanziario degli individui e della società e per consentire una partecipazione consapevole alla vita economica.
  2. rilevazione sulla familiarità degli studenti con le Tecnologie dell’’Informazione e della comunicazione (TIC);
  3. rilevazione sulle esperienze scolastiche passate (Educational Career);
  4. questionario insegnanti.

Come in ogni ciclo di PISA, la popolazione oggetto di indagine è quella degli studenti quindicenni; in ciascuna scuola coinvolta sono stati campionati fino a un massimo di 42 studenti.

Principali risultati generali

Principali risultati Italia

Esempi di prove PISA di scienze Fasciolo 1

Esempi di prove PISA di scienze Fascicolo 2

 

 

 

 

Sono stati, inoltre,  resi noti nello stessa giornata i risultati dell’indagine TIMSS Advanced (Trends in International Mathematics and Science Study – Avanzato) della IEA (International Association for the Evaluation of Educational Achievement), indagine che ha come obiettivo la rilevazione degli apprendimenti degli studenti in matematica e fisica all’ultimo anno della scuola secondaria, che nella maggior parte dei Paesi partecipanti corrisponde al 12° anno di scolarità, mentre per alcuni Paesi, fra i quali l’Italia, corrisponde al 13° anno, ossia al quinto anno della Scuola secondaria di secondo grado.

Nel nostro Paese hanno partecipato 3318 studenti in 113 scuole secondarie di secondo grado. Poiché questa indagine riguarda gli studenti che seguono corsi di matematica di livello avanzato e di fisica, in Italia ciò ha significato il coinvolgimento dei Licei scientifici (per matematica e fisica) e degli Istituti tecnici – settore tecnologico (per matematica).

Principali risultati

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La fine del lavoro: l’evento di NeXt per la Nuova Economia

Trasformazioni rapidissime stanno cambiando il mondo del lavoro. Governare tali trasformazioni, nella direzione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, richiede una riflessione attenta sulle dinamiche della produzione, sulla leva che può attivare una domanda responsabile, consapevole della sua forza di mercato, e sul ruolo della finanza.
L’evento  La Fine del Lavoro. La sfida dei nipoti di Keynes al tempo del prosumer e della gig economy  intende proseguire l’impegno di NeXt, come Rete e insieme alle singole realtà, nel gettare le basi di un cambiamento negli obiettivi dell’attuale economia, favorendo così la creazione di condizioni per un benessere economicamente, socialmente ed ecologicamente sostenibile.
Nel corso dell’evento, infatti, che si svolge il 15 dicembre presso la Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata (Aula TL – piano terra – Edificio Didattica), si intendono affrontare i temi del superamento del conflitto azienda/dipendente, delle nuove opportunità del mercato del lavoro, oltre la CSR, degli aspetti sociali (tra cui il divario nord/sud), dei modelli di industry 4.0., delle nuove forme di ibridi organizzativi e il ruolo della finanza etica per l’innovazione sociale.
I relatori lavorano su un Position Paper che ragiona sui tre capisaldi della Nuova Economia: produzione, consumo e risparmio responsabile,  che condividono preventivamente e al quale devono fornire una proposta integrativa al termine del dibattito. Gli studenti aprono i panel con la visione dei giovani sulle tre tematiche di riferimento e poi lasciano la gestione del panel al coordinatore.
Al termine del convegno segue il Cash Mob Etico insieme ad alcune imprese sostenibili del territorio laziale e alla loro rete di produttori, al fine di dare un segnale al territorio e sperimentare un gesto di consumo responsabile collettivo
Infine, viene presentata la nuova edizione di Prepararsi al Futuro, che vede, anche quest’anno, la collaborazione diretta di Istituti universitari e scolastici, in rete con le organizzazioni del territorio e aziende verso la sostenibilità.

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Matematica e Statistica, Materiali didattici, Proposte formative dai LES

Il peso dell’economia sommersa secondo l’ISTAT

 

Nel 2014, secondo l’ISTAT (Comunicazione del 16 ottobre 2016), l’economia non osservata (sommersa e derivante da attività illegali) vale 211 miliardi di euro, pari al 13,0% del Pil. Il valore aggiunto generato dalla sola economia sommersa ammonta a 194,4 miliardi di euro (12,0% del Pil), quello connesso alle attività illegali (incluso l’indotto) a circa 17 miliardi di euro (1% del Pil).

Fra il 2011 e il 2014 il peso sul Pil dell’economia non osservata è passato dal 12,4% al 13,0%.

Il valore aggiunto generato dall’economia non osservata nel 2014 deriva per il 46,9% (47,9% nel 2013) dalla componente relativa alla sotto-dichiarazione da parte degli operatori economici. La restante parte è attribuibile per il 36,5% all’impiego di lavoro irregolare (34,7% nel 2013), per l’8,6% alle altre componenti (fitti in nero, mance e integrazione domanda-offerta) e per l’8% alle attività illegali.

L’incidenza sul valore aggiunto dei flussi generati dall’economia sommersa è particolarmente elevata nei settori delle Altre attività dei servizi (33,6% nel 2014), del Commercio, trasporti, attività di alloggio e ristorazione (25,9%) e delle Costruzioni (23,5%).

Il peso della sotto-dichiarazione sul complesso del valore aggiunto prodotto in ciascun settore assume dimensioni importanti nei Servizi professionali (17,5% nel 2014), nel Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (13,8%) e nelle Costruzioni (13,2%). All’interno dell’industria, l’incidenza risulta marcata nelle attività economiche connesse alla Produzione di beni alimentari e di consumo (8,3%) e contenuta in quelle di Produzione di beni di investimento (2,7%).

La componente di valore aggiunto generata dall’impiego di lavoro irregolare è particolarmente rilevante nel settore degli Altri servizi alle persone (23,3% nel 2014), dove è principalmente connessa al lavoro domestico, e nell’Agricoltura, silvicoltura e pesca (16,3%).

Nel 2014 le unità di lavoro irregolari sono 3 milioni 667 mila, in prevalenza dipendenti (2 milioni 595 mila), in significativo aumento sull’anno precedente (rispettivamente +180 mila e +157 mila). Il tasso di irregolarità, calcolato come incidenza delle unità di lavoro (ULA) non regolari sul totale, è pari al 15,7% (+ 0,7 punti percentuali rispetto al 2013).

Il tasso di irregolarità dell’occupazione risulta particolarmente elevato nel settore dei Servizi alla persona (47,4% nel 2014, 2,4 punti percentuali in più del 2013), seguono a grande distanza l’agricoltura (17,5%), il Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (16,5%) e le Costruzioni (15,9%).

 

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Bandi e concorsi, In evidenza, Notizie, Proposte formative dai LES

Lo sviluppo locale che vorrei: equo e sostenibile, VI edizione del concorso per le scuole

E’ in partenza la VI edizione del Concorso a premi  Lo sviluppo locale che vorrei: equo e sostenibile, rivolto alle scuole secondarie di secondo grado. Il concorso, che si svolgerà nell’anno scolastico 2016-2017 è promosso da Articolo Novantanove – Associazione per il Dialogo sociale, in partnership con ANP (Associazione Nazionale dirigenti e alte professionalità della scuola) ed in sintonia con le iniziative promosse dall’ ISTAT per la promozione statistica e l’utilizzo degli indicatori di Benessere Equo e Sostenibile (i BES). Inoltre, il Concorso è realizzato con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente, della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, di ANCI, di Unioncamere, della Fondazione CON IL SUD, del Tavolo di Coordinamento del Forum MyBES.

Lo scopo del concorso è quello di orientare le giovani generazioni ad un approccio progettuale per uno sviluppo equo e sostenibile dei propri territori, dando un impulso a potenzialità non ancora espresse, con una loro ideazione e progettazione di impresa. Gli studenti, infatti, dovranno utilizzare i saperi ed i vissuti acquisiti nel percorso di alternanza scuola-lavoro e sperimentare metodologie e strumentazioni capaci di far meglio rilevare, comprendere, valutare le criticità della realtà in cui vivono.

Nella scorsa edizione, il primo premio è stato assegnato al progetto Fucina ES del Liceo Economico sociale Dante Alighieri di Ravenna.

Informazioni sul concorso

Il bando di concorso

Rapporto ISTAT BES 2015: Il benessere equo e sostenibile in italia

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Scienza in rete, il sito web per la cultura della scienza

Scienza in rete, il sito web del il Gruppo 2003 per la ricerca, affronta tutti i temi della scienza dall’Ambiente all’Astronomia, dalla Biologia alla Chimica, Fisica, Medicina, Politica della ricerca, Scienze matematiche, fisiche e naturali, Scienze sociali, Tecnologia e scienze applicate.

Le risorse proposte intendono promuovere la cultura della scienza e comprendono grafici, immagini, video, slides, pubblicazioni, oltre a una vasta  rassegna stampa.  I materiali, in lingua inglese, sono molto utili per la didattica interdisciplinare.

Tra i contributi disponibili sul sito, particolarmente interesssante è il volume che contiene tutte le relazioni sintetiche presentate nel corso  della Settima Conferenza della Società Europea per la Storia della Scienza (ESHS Conference), svoltasi a Praga dal 22 al 24 settembre 2016.

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L’Italia e gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Pubblicato il Rapporto di ASviS

L’Italia e gli obiettivi di sviluppo sostenibile. E’ stato appena pubblicato il rapporto curato dall’ ASviS, Alleanza Italiana per lo sviluppo sostenibile, che contiene un’interessante analisi della situazione italiana rispetto ai 17 obiettivi sottoscritti dall’Italia all’ONU e ai 169 target indicati dall’Agenda 2030 e approvati un anno fa dai  193 Paesi aderenti alle Nazioni Unite. Una vasta gamma di impegni che riguarda obiettivi economici, sociali, ambientali ed istituzionali, che dovranno essere completamente affrontati e raggiunti da tutti i paesi del mondo entro il 2030.

“Con oltre 4,5 milioni di poveri assoluti, un tasso di occupazione femminile inferiore al 50%, oltre 2 milioni di giovani che non studiano e non lavorano; con investimenti in ricerca e sviluppo di poco superiori all’1% del PIL, tassi di abbandono scolastico del 27,3% per i figli di genitori meno istruiti a fronte del 2,7% per i figli di genitori in possesso di laurea e un rapporto tra ricchi e poveri tra i più squilibrati dell’area OCSE; con significative disuguaglianze di genere e un’inaccettabile violenza sulle donne (76 femminicidi dall’inizio dell’anno); un degrado ambientale forte soprattutto in certe zone del Paese e tutte le specie ittiche a rischio; con il 36% di persone che vive in zone ad alto richio sismico e un’alta mortalità a causa dell’inquinamento atmosferico nei centri urbani; con una transizione troppo lenta alle fonti rinnovabili rispetto agli accordi di Parigi, l’Italia dimostra di essere ancora molto lontana dal percorso di sostenibilità delineato dall’Agenda 2030 e dagli impegni sottoscritti all’ONU un anno fa”, secondo il portavoce dell’Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile, Enrico Giovannini.

Con l’adozione dell’Agenda 2030, il cui avanzamento viene monitorato dall’High Level Political Forum (HLPF) delle Nazioni Unite, infatti, non solo è stato espresso un chiaro giudizio sull’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo, ma si è superata l’idea che la sostenibilità sia unicamente una questione ambientale, a favore di una visione integrata delle diverse dimensioni dello sviluppo.

Il primo Rapporto dell’ASviS su l’Italia e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, realizzato grazie al lavoro di decine di esperti delle associazioni aderenti e del Segretariato organizzati in 17 gruppi di lavoro, rappresenta la prima valutazione approfondita dei punti di forza e di debolezza del Paese rispetto agli impegni assunti di fronte al mondo.

 Il Rapporto

Introduzione, sommario ed Executive Summary in Italiano

Executive Summary (in English)

Materiali dell’evento di presentazione

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Education at a Glance 2016. Il report dell’OCSE sull’istruzione

L’struzione secondo l’Ocse: pubblicato”Education at a Glance 2016“, il report dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) che, dal 1992, offre un resoconto periodico sullo stato dell’istruzione dei 35 paesi membri.

“Education at a Glace” analizza i sistemi di istruzione dei 35 Paesi membri dell’Ocse, oltre ad Argentina, Brasile, Cina, Colombia, Costa Rica, India, Indonesia, Lituania, Federazione russa, Arabia Saudita e Sud Africa. Evidenzia come, se l’obiettivo principale dei governi è di ridurre le disuguaglianze relative all’istruzione e di aumentarne gli investimenti, per garantire (Sustainable Development Goals) “un’istruzione inclusiva e promuovere opportunità di lifelong learning per tutti”, soltanto 12 paesi, raggiungono il livello auspicato per almeno cinque dei dieci obiettivi indicati. La situazione non è differente per i Paesi UE, dove solo 6 dei 22 Paesi membri raggiungono il parametro di riferimento degli obiettivi individuati, tra cui i più complessi appaiono la qualità dei risultati dell’apprendimento e le competenze di studenti e adulti.

Il report evidenzia come: i paesi hanno individuato nuove modalità, oltre la spesa pubblica, per finanziare l’istruzione (spendono una media di 5,2% del loro PIL); gli squilibri di genere persistono e le donne fanno ancora fatica ad entrare in  programmi di dottorato o equivalenti; i sistemi di istruzione svolgono un ruolo fondamentale per l’integrazione degli immigrati nelle loro nuove comunità e nel mercato del lavoro del paese ospitante; istruzione e cura della prima infanzia di elevata qualità migliorano di fatto il rendimento degli studenti nei cicli successivi.

Education a Glance 2016 

La scheda dell’Italia

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Educazione finanziaria: poco interesse per gli italiani passata la crisi

Gli italiani sembrano non credere nell’educazione finanziaria e si sforzano di comprendere meglio le dinamiche economiche e finanziarie soltanto durante le crisi, tanto che per ben il 45,7% è difficile prendere decisioni su come investire, comprenderne i rischi, scegliere il momento in cui disinvestire e allocare correttamente i propri risparmi. Questo è quanto emerge dall’Indagine sul Risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2016 realizzata da Centro Einaudi e Banca Intesa Sanpaolo con un sodaggio Doxa.
L’Indagine, avviata nel 2011, analizza motivazioni, obiettivi e scelte di un campione rappresentativo dei risparmiatori italiani, avvalendosi anche delle serie storiche derivanti dal Rapporto sul risparmio e i risparmiatori in Italia (realizzato dal Centro Einaudi in collaborazione con BNL-Gruppo BNP Paribas dal 1982 al 2009).
Secondo il Rapporto 2016, infatti, gli italiani intervistati che si dichiarano poco o per niente interessati alle dinamiche economiche e finanziarie sono tornati a prevalere, rispetto agli annni precedenti, su coloro che si dichiarano interessati: 53,5% contro 46,5%, su un campione di 1.011 famiglie e 567 piccoli investitori.
Tra i meno sensibili all’educazione finanziaria troviamo gli over 65, che, nel 63,8% dei casi si dichiarano poco o per niente interessati, mentre il 56,5% dei giovani compresi fra i 18 e i 24 anni mostrano un interesse specifico, anche se questo poi non si riflette in un reale impegno ad informarsi. Il livello di interesse sull’educazione finanziaria, rileva l’indagine, è direttamente correlato al grado di istruzione: il 67,9% dei laureati si dichiara interessato, contro il 24,4% di chi ha una licenza elementare.
Tuttavia, nonostante l’interesse, metà degli intervistati sostiene di non dedicare tempo agli approfondimenti e all’educazione finanziaria, mentre solamente il 33,6% dedica al tema un’ora alla settimana.
I più attivi sono invece gli intervistati della fascia intermedia (45-54 anni) e quelli che si stanno avvicinando all’età della pensione (55-64 anni), mentre tra giovani della fascia 18-24 anni, nonostante l’interesse dichiarato, la quasi totalità ammette di non occuparsene per nulla o comunque meno di un’ora a settimana e nessuno degli intervistati si impegna per più di due ore a settimana.

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Digital divide: i giovani italiani non sanno usare il web

Cosa significa digital divide oggi? Secondo l’indagine OCSE-PISA 2012 su Students, Computers and Learning. Making the connection siamo di fronte ad un concetto di digital divide che evolve, spostando l’attenzione dalla possibilità di accesso alle tecnologie verso l’utilizzo che si fa di esse. L’indagine racconta come i giovani italiani non sanno usare il web per uso informativo e di comunicazione, e fa emergere con chiarezza la necessità di integrare le tecnologie digitali nella didattica e di sperimentare nuove metodologie nella pratica pedagogica quotidiana. Ciò al fine di promuoverne l’uso consapevole e critico e formare studenti in quanto cittadini digitali consapevoli, aggiornati e creativi, in grado di “saper svolgere compiti in ambiente digitale”.
I dati sugli studenti italiani non sono confortanti: il 20,9% dei quindicenni non è in grado svolgere semplici compiti di localizzazione e gestione minima delle informazioni proposte da Internet (livello 2 su 5); il 36,6% degli studenti riesce appena o per nulla in grado di gestire le proprie competenze in Lettura in Digitale. Un terzo degli studenti italiani (il 31,4%) si colloca al livello 3, dimostrando una migliore capacità di navigazione e di interazione con un numero maggiore di siti e di informazioni; il 23,8% (poco meno di un quarto del totale) sa svolgere compiti di livello 4, dimostrando di saper valutare e discriminare anche le informazioni e le fonti da cui provengono. Infine, solamente l’8,2% degli studenti italiani si colloca al livello 5 o superiore e, pur a contatto con uno o più ambienti web con cui non ha dimestichezza, è comunque in grado di elaborare una valutazione critica delle informazioni ottenute, nonché di utilizzarle correttamente per la soluzione dei quesiti proposti.
Altro dato interessante riguarda la difficoltà degli studenti italiani che usano Internet per svolgere compiti scolastici di pianificare ed eseguire una ricerca e di valutare l’utilità di una informazione o l’attendibilità delle fonti.
In Italia il 15% degli studenti è del tutto “senza bussola” quando naviga sul web (rispetto a una media OCSE dell’11,6%); inoltre, se si sommano i dati relativi alla “qualità della navigazione” risulta che più del 75% di loro o non conduce alcuna attività di navigazione oppure conduce una navigazione “non orientata” o “insufficiente”, mentre solo il 24,6% conduce una “navigazione principalmente orientata”.
Infine, l’indagine, e l’analisi che ne fa il MIUR, evidenziano una dato molto significativo: in Italia ha accesso a internet il 92,9% degli studenti svantaggiati (6,3 punti percentuali in meno degli studenti avvantaggiati), ma navigano più per motivi ludici rispetto agli avvantaggiati che si connettono anche per un uso informativo e di comunicazione.

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I giovani italiani e l’economia: le competenze finanziarie secondo l’OCSE-PISA

I giovani italiani, l’economia e le competenze finanziarie sono due mondi molto distanti. Il basso livello di competenze in questo ambito lo confermano i risultati dell’indagine OCSE-PISA 20122 sul livello di alfabetizzazione finanziaria dei quindicenni, che mostra che tra gli studenti dei paesi OCSE, con un punteggio medio di 466 punti, l’Italia si colloca al penultimo posto sui 18 Paesi OCSE e non OCSE partecipanti alla rilevazione. Il 22% degli studenti, a fronte del 15% della media OCSE, ha riportato un punteggio inferiore a 400, ossia è risultato capace, nella migliore delle ipotesi, di distinguere tra bisogni e desideri e di prendere decisioni di base solo in situazioni quotidiane già sperimentate. La quota dei ragazzi con oltre 625 punti raggiunge solamente il 2%, contro una media del 10% dei 13 paesi OCSE che hanno partecipato alla rilevazione.

Molto vario il livello di competenze finanziarie nei diversi Paesi analizzati: se gli studenti di Shanghai (Cina) ottengono i risultati più alti alle prove di alfabetizzazione finanziaria, fanno bene anche Australia, Comunità fiamminga del Belgio, Estonia, Nuova Zelanda, Polonia e Repubblica Ceca, i cui studenti ottengono punteggi superiori alla media dell’OCSE.

Molto interessante anche il dato che conferma come le competenze in matematica e lettura siano strettamente correlate all’alfabetizzazione finanziaria, anche se un livello alto di competenze in una delle due discipline non significa necessariamente un livello alto di alfabetizzazione finanziaria. A conferma di ciò, gli studenti di Paesi come Francia, Italia e Slovenia ottengono risultati peggiori di quanto ci si potrebbe aspettare, nonostante buoni risultati in matematica e lettura.
L’alfabetizzazione finanziaria, secondo l’OCSE-PISA, è, infatti, da intendersi come “la conoscenza e la comprensione dei concetti e dei rischi finanziari unite alle competenze, alla motivazione e alla fiducia in se stessi per utilizzare tale conoscenza e comprensione al fine di prendere decisioni efficaci in un insieme di contesti finanziari, per migliorare il benessere finanziario delle singole persone e della società e consentire la partecipazione alla vita economica.

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